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..di questo non si parla!
Di Geo (del 11/06/2009 @ 23:33:52, in generale, linkato 2913 volte)


Questi sono i titoli dei giornali e dei telegiornali di questi giorni: Gheddaffi arriva a Roma..Roma blindata per l'arrivo dal Colonnello..Gheddaffi a Roma firmati 4 accordi..Gheddaffi appuntamento con mille donne..Gheddaffi viene da amico..etc.
Le televisione e i giornali non parlano del perchè delle così tante polemiche attorno a questa visita, vengono solo accennati velocemente e poi si passa alla notizia vera e propria: il numero di amazzoni accompagnatrici o di cibo mangiato a colazione e a pranzo...
Le proteste derivano dalla vera e propria dittatura del colonnello, aiutata economicamente di nostri governi.

Vorrei riuscire a mettere insieme alcune notizie raccolte in rete e cercare di far capire che forse un accoglienza simile se la meriterebbero i migranti che in Libia arrivano e per loro sfortuna vengono arrestati e letteralmente deportati nei carceri del colonnello con mezzi e attrezzature finanziate dal dal nostro Governo dalla nostra civilissima U.E.

L'italia infatti inviò alla Libia 100 gommoni, 6 fuoristrada, 3 pullman, varie attrezzature da campo e 1000 sacchi per cadaveri nel 2003 in seguito ad un accordo segreto stipulato tra il leader Libico e il nostro premier per fermare e arginare l'immigrazione.
 Da allora (o anche prima) centinaia addirittura migliaia di rifugiati ogni anno vengno arrestati dalla polizia libica e detenuti in carceri, in attesa del rimpatrio.
Secondo la Commissione Europea, nel 2004 l'Italia finanziò la costruzione di tre campi di detenzione per immigrati in Libia: a Gharyan, Sebha e Kufrah.
Le condizioni dei lager libici non si possono immaginare perchè per fortuna nessuno di noi è mai stato arrestato in quei luoghi, quello che si può fare è solo raccontare le storie e le testimonianze terribili di chi dentro quei carceri è entrato e fortunatamente è riuscito a uscire..si tratta di uomini resi prigionieri per aver commesso il reato di trovare un lavoro, accalcati a centinaia dentro celle troppo piccole per contenerli, senza cibo né acqua, costretti a bere e a volte a mangiare i loro escrementi. "La gente soffre! Il cibo è pessimo, l’acqua è sporca. Ci sono donne malate e altre incinte!". Questa è la frase di Gift (29 anni – Nigeria) urlata dalla prigione di a Zlitan a 2 giornalisti inviati in libia per un reportage.  "Indossa ancora il vestito che aveva quando l'hanno arrestarono tre mesi fa, ormai ridotto a uno straccio sporco e consumato. - raccontano i giornalisti - ha detto che stava passeggiando con il marito. Non avevano documenti...furono portati a Zlitan. Da allora non vede il marito, che nel frattempo è stato rimpatriato. Dice di avere lasciato i due figli a Tripoli. Di loro non ha più notizie. Viveva in Libia da tre anni. Lavorava come parrucchiera e non aveva nessuna intenzione di attraversare il Canale di Sicilia. Come molti degli arrestati, all’Europa non aveva nemmeno pensato".

 A 210 km a est da Tripoli c'è il centro di detenzione, anzi carcere di Misratah nel quale i detenuti sono quasi tutti rifugiati eritrei. Stando al racconto dei due giornalisti al momento del loro passaggio nel carcere c'erano più di 600 persone, comprese 58 donne e neonati. Le dimensioni delle camere/celle erano e purtroppo sono di 4 metri per 5, dentro questi 20 mq. devono starci ammassati in 20. Nessuna finestra, solo di giorno viene concessa un po' di luce in un cortile.
Oltre a queste condizioni di “vita” pessime i prigionieri vengono torturati sia fisicamente che mentalmente. Grazie a una mobilitazione internazionale un paio d'anni fa la Libia ha bloccato i rimpatri degli eritrei iniziando così a concentrarli nel campo Misratah.

Spostandoci sulla carta a 2000 chilometri a sud di Tripoli si arriva in centro al deserto e qui si trova il campo di concentramento Libico peggiore, al confine con il Sudan. I migranti arrestati sulla costa vengono trasportati stipati come bestiame dentro container arrugginiti, che sotto il sole diventavano forni alla volta di un luogo il cui nome fa ancora venire i brividi a chi ci è passato: Kufrah.
Cinque celle in verticale, il cesso in mezzo. Senza acqua, "nemmeno le bestie potrebbero starci" racconta un prigioniero sopravvissuto.
La versione ufficiale delle autorità libiche è che il centro di Kufrah sia chiuso. Ma nei sobborghi di Tripoli non ci crede nessuno. Anche tra gli ultimi eritrei arrivati la storia è sempre la stessa: fermati dalle pattuglie libiche nel deserto, portati al carcere di Kufrah Un “centro di custodia temporaneo”, dove entri senza tribunale e da dove non sai mai quando uscirai. E ne esci, paradosso, se hai la “chance” di essere “comprato” da un contrabbandiere sudanese. Oppure abbandonati in pieno deserto, lungo la frontiera, di nuovo dentro i containers. "Sono stato arrestato sette volte, incarcerato, rivenduto cinque volte" racconta John, uno dei testimoni. E aggiunge, ancora incredulo, "Questo, essere “venduto”, non l’avrei mai immaginato. Perché sono un uomo".
 Si tratta infatti di vero e proprio traffico di esseri umani, un business che fiorisce con 400 dollari a testa per ogni “passaggio”. Kufrah è uno dei campi di detenzione finanziato dall’Italia in Libia.

Gli Stati delegano la responsabilità del controllo in cambio di accordi commerciali (non è indifferente il petrolio libico come moneta di scambio) ai Paesi del Maghreb, che non brillano certo per la difesa dei diritti umani.Tutti i mezzi sono permessi.

Il coordinatore di Frontex (l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne), parla solamente di “flussi” e mai di uomini.
La Frontex ha un budget europeo di 71 milioni di euro per chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti dell’uomo in atto in Libia, un Paese che non ha mai firmato le Convenzione internazionale sui profughi, né quella di Ginevra.

Ritorno un attimo sui containers i mezzi di trasporto dei detenuti, ne esistono di 3 tipi (finanziati anch'essi dal governo Italiano e dall' U.E.).piccolo è un pick-up furgonato. Quello medio è l’equivalente di un camioncino. E quello più grande è un vero e proprio container, blu, con tre feritoie per lato, trainato da un auto-rimorchio.

Amnesty International e Human Rights Watch hanno spesso accusato la Libia per il trattamento inumano dei migranti ma al momento nulla sembra voglia essere cambiato.

Se vi capita di trovarvi in giro e vedere scritto su una locandina: questa sera proiezione del film Come un uomo sulla terra, non vi resta che liberarvi la serata e partecipare alla proiezione.

        



ciao a tutti

Geo
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# 1
Purtroppo è molto vero che non se parla, ed è addirittura scandaloso!
Per quanto riguarda il "film" stà girando quasi in sordina, Venerdì scorso(5 giugno) alle 11 è stato proiettato nella sala polivalente di Piasco per le classi 2 e 3 della scuole medie, grazie all'interessamento di Walter che lo ha proposto alla direzione didattica di Costigliole.
La proiezione era aperta a tutti, forse poco pubblicizzata, ma al di là dei ragazzi della scuola, c'eravamo solo Aldo 'Merican Stefano Gherzino ed io.
Colpevole il giorno feriale e l'orario sicuramente, spero chi di dovere si farà carico di riproporlo magari all'aperto in una calda sera d'estate.
Una motivo di riflessione su immigrazione, acoglienza, diversità, lavoro,integrazione......
Di  Ω Alessio  (inviato il 12/06/2009 @ 07:53:57)
# 2
Ieri ho trovato (non proprio in prima pagina) un interessante articolo sul Sole24ore che " spiega" il perchè parte del mondo occidentale ha così tanta devozione per questo dittatore del giorni nostri.Mi permetto di riportarvelo perchè trovo sia molto interessante. Sabry Brugia


IL SOLE24ORE.COM > notizie dal mondo

CHI è GHEDDAFI e PERCHE’ I LEADER OCCIDENTALI LO CORTEGGIAMO
Di Riccardo Barlaam


Il colonnello Muammar Gheddafi è al potere in Libia dal 1969. Gestisce la "Grande Jamahiriyah araba libica popolare socialista" con potere assoluto, dopo il colpo di stato militare che ha portato all'eliminazione delle elezioni e dei partiti politici. È il presidente di turno dell'Unione africana («Sono il re dei re»). Ed è alla guida di un paese che ha sotto la sabbia enormi riserve di greggio (al 9° posto tra i paesi produttori per riserve accertate) e di gas naturale. Una cassaforte.

Dall'ottobre 2008 la Libia non è più nella lista nera degli Stati Uniti. Tanto che al prossimo G8, in luglio, il presidente Barack Obama incontrerà Gheddafi. La riabilitazione si è conclusa dopo che il governo libico ha versato 1,5 miliardi di dollari per risarcire le famiglie delle vittime degli attentati terroristici all'aereo Pan-Am, precipitato su Lockerbie, in Scozia, il 21 dicembre 1988 (270 morti) e alla discoteca La Belle di Berlino, il 5 aprile 1986 (3 morti e 260 feriti). Responsabili dei due attentati furono due agenti di Tripoli.

Berlusconi, amico di Putin, a proposito di Gheddafi ha detto che è «un leader di libertà». Il 30 agosto scorso a Bengasi ha firmato il "Trattato di amicizia" tra Italia e Libia che prevede il versamento alla Libia di 5 miliardi di euro in 20 anni (soldi pubblici), come risarcimento dei danni per le guerre coloniali. In cambio di commesse e di sostegno alle aziende italiane oltreché di controllo effettivo del traffico di clandestini dall'Africa.

Gheddafi è benvoluto e coccolato dai leader occidentali (ma anche dai russi) nonostante il suo passato, perché è uno dei pochi soggetti che oggi ha liquidità da investire. Il suo fondo sovrano (Lia, Lybian investment authority) ha una dote di 65 miliardi di dollari. Gheddafi compra. E così, con lo stesso potere personalistico con cui gestisce la politica nazionale, cura i suoi affari. La lista della spesa è lunga e il carrello si riempie, giorno dopo giorno, di prede italiane ed europee. Sdoganata dalle diplomazie occidentali la Libia è così entrata nel salotto buono della finanza italiana. Ironia della sorte: il nuovo "colonizzatore" dell'economia e della finanza italiane è una ex colonia.
Di  Sabry Brugia  (inviato il 12/06/2009 @ 09:23:32)
# 3

Un giorno ero sul treno di ritorno da Torino e ho incontrato un amico che non vedevo da un po' e tra le altre cose ci siamo messi a parlare della miserrima situazione sociale e morale in cui noi ciechi italiani viviamo calpestando i diritti umani ogni giorno, se non in primissima persona, perlomeno tacendo di fronte alle ingiustizie..(..sì sul treno, se ci si impegna si possono anche fare discorsi seri). Nel bel mezzo del discorso lui mi racconta che ha visto un documentario a Torino che descriveva attraverso la voce degli emigranti, una situazione che io non potevo proprio immaginare..ho preso carta e penna e ho scritto "Come un uomo sulla terra", e mi sono fatta promettere che se avesse avuto il cd me l'avrebbe fatto avere. La settimana seguente, nel mio navigare (a volte inutile) nella rete mi imbatto nell'avviso che la sera stessa ci sarebbe stato a costigliole la proiezione proprio di quel documentario...e ovviamente ci sono andata. In teoria potevo immaginare cosa aspettarmi...(Geo mi aveva già parlato del libro di Fabrizio Gatti "Bilal:...", che racconta una storia simile di migranti ma dall'altra parte dell'Africa), ma nella realtà allo scorrere dlle immagini non potevo credere ai miei occhi. Io e gli altri (circa 25) , alla fine della proiezione non siamo riusciti a parlare, si è creato un silenzio surreale un silenzio misto di pietà, colpa e rabbia. Tra di noi era seduta una ragazza all'incirca delle mia età, somala che poco tempo fa aveva compiuto proprio il viaggio descritto nel filmato, che singhiozzava sommessamente. Uno dei presenti con un nodo in gola ha preso la parola chiedendo pietà a questa ragazza per noi cittadini italiani, per noi ignari coautori di questa tragedia quotidiana governati da chi sa tutto e tace e fa di tutto un buisness, ma anche per noi che vogliamo svegliarci e capire e prenderci le nostre responsabilità di uomini di fronte ad altri uomini che ora stanno morendo anche per il nostro silenzio.
Ho fatto un post un po' lungo..pazienza, NON POSSO TACERE.
Di  Sabet.  (inviato il 12/06/2009 @ 10:37:33)
# 4
Homo homini lupus
Il mondo di "chi conta" conosce una sola categoria: il potere. E ovviamente il suo contrario, chi ne è privo, o privato. E per noi il potere deriva quasi sempre dai soldi.
Soldi che possono comprare l'uomo.
Che lo possono uccidere.
Soldi che lavano le coscienze e la fedina penale (ma forse, speriamo, non tutte le memorie..)
Soldi che dividono il mondo in buoni e cattivi, amici e nemici.
Sono anche nostri questi soldi. Per questo condivido la proposta di Alessio di rimandare la proiezione del film (magari in giorni e orari più comodi..please)
Il nostro impegno (e indignazione)non può che partire dall'informazione
Di  Sara  (inviato il 12/06/2009 @ 12:48:50)
# 5
anche a me interessa vedere questo film-documentario. Negli ultimi anni mi è capitato di sentire storie agghiaccianti raccontate da persone che le hanno vissute in prima persona. Sarebbe bello che oltre a sentire e vedere ci si volesse anche "sporcare le mani" andando a incontrare queste persone e condividendo un po' di tempo con loro.
Se poi come dice Alessio può essere un motivo per riflettere su immigrazione, accoglienza, integrazione, diversità, lavoro... ben venga in un momento dove la parola predominante e più in voga sembra essere respingimento.
Di  giors  (inviato il 13/06/2009 @ 01:08:35)
# 6
Storie come queste ci fanno davvero riflettere e scuotono gli animi. Ormai in nome della sicurezza vengono ritenuti giusti i respingimenti di persone disperate. Sono preoccupato perché si vanno diffondendo sempre più spiriti razzisti e xenofobi che minano alla base la pacifica convivenza. Leggendo, sentendo queste ed altre storie mi chiedo: “La vita vale ancora qualcosa”? Se succedono queste cose sicuramente no, e per qualcuno il valore della vita si misura solo con i soldi che riesci a fare, molto spesso sulle spalle di gente che magari non sei riuscito a respingere.
Credo che informarsi sia il primo passo da fare per capire cosa succede veramente in giro per il mondo, per riflettere, peccato che l’informazione sia in gran parte pilotata. In questo momento la rete è ancora uno dei mezzi di informazione che ti permettono di capire come vanno veramente le cose, ma tra poco potrebbe non essere più così e magari non potremo più esprimere liberamente le opinioni su questo blog. LEGGETE QUI: http://punto-informatico.it/2641517/PI/Commenti/chiuso-retti fica.aspx

Di  Polin  (inviato il 14/06/2009 @ 15:35:55)
# 7
Propro ieri sera ho potuto vedere un documentario "come un uomo sulla terra" fatto da un emigrato etiope che ora vive in Italia!! ho potuto ascoltare dei racconti che fanno rabbrividire che parlano di questi viaggi interminabili in Libia da parte di Eritrei ed Etiopi, un calvario che ha molte analogie con quello che è successo più di 50 anni fà nei lager nazzisti !!! E quello che fa rabbrividire è come noi italiani contribuiamo a questi orrori e come anche la Comunità Europea allo stesso modo visiona e non parla !!! E sconcertante come l'informazione non dice nulla di tutto ciò, e accade tutto sotto i nostri occhi !!! Fa riflettere come siamo impotenti e indifferenti a queste atrocità se non ci toccano di persona. Io penso che i diritti dell'uomo dovrebbero non toccarci ma fare parte del nostro essere, e stanno venendo violati come accade ora dopo ora anche in Iran.
Di  Sam  (inviato il 26/06/2009 @ 08:03:25)
# 8
Emergenza in Libia
Nel carcere di Misratah in LIbia, ci sono stati duri scontri tra profughi eritrei, che avevano rifiutato di fornire le proprie generalità all'ambasciata del Paese da cui stanno fuggendo, e la polizia di Gheddafi.
Più di 200 persone sono state deportate con i container nel carcere di Brak, vicino a Sabah, nel deserto libico.
Tra loro anche una parte degli eritrei respinti in mare dalla marina italiana nell'estate 2009.
Se fossero arrivati in Italia probabilmente avrebbero avuto la protezione umanitaria.
Invece, in queste ore, oltre a subire le violenze della polizia libica, rischiano l'espulsione in Eritrea, paese dittatoriale da cui stanno fuggendo.

Tutto ciò deve essere fermato.
Invitiamo tutti a scrivere immediatamente al Presidente della Repubblica.
Cliccate qui per sapere come.

La comunità internazionale e le organizzazioni umanitarie si stanno mobilitando.
L'on.Tuadì ha presentato un'interrogazione parlamentare.
Le violenze e le ingiustizie in Libia ormai sono sotto gli occhi di tutti.
La politica dei respingimenti produce solo violenza e violazione dei diritti umani.
Il successo di Maroni è di aver reso l'Italia un Paese illegale rispetto alle convenzioni internazionali.
Ora tutto ciò va fermato.
Di  Fortress Europe click per la petizione  (inviato il 04/07/2010 @ 23:29:58)
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